Mafia Capitale: insediare a Roma un consiglio popolare antimafia

mafia-capitale-muccaA due anni dalle ele­zioni ammi­ni­stra­tive di Roma Capi­tale l’unico vento che sof­fia a Roma è quello del ripie­ga­mento su stessi. La soli­tu­dine, l’egoismo e l’indifferenza, a volte la rab­bia verso il pros­simo, infu­riano nelle piazze, strap­pando alle­gria a una città che sapeva illu­mi­narsi d’immenso, nono­stante le avversità.La grande sta­gione di rina­scita della Capi­tale che aspet­ta­vamo dopo Ale­manno non è arri­vata, e quando pure appare un lampo a incan­tarci, come nella mat­tina del 21 mag­gio quando in Cam­pi­do­glio si sono cele­brate le regi­stra­zioni delle unioni civili, dura un attimo e subito si dile­gua a colpi di arre­sti ed emer­genze che ci ricor­dano tutti i pro­blemi irrisolti.

Le strade spor­che e i dis­ser­vizi del tra­sporto pub­blico sono tra i mali più fasti­diosi, l’assenza di inve­sti­menti nelle poli­ti­che sociali, la sva­lu­ta­zione dei lavo­ra­tori e delle lavo­ra­trici del pub­blico impiego e il vuoto cul­tu­rale della città sono i più amari.Un codice cul­tu­rale dotato di regole, con­ni­venze, omertà e un sistema di potere politico-finanziario e di natura tra­sver­sale – Mafia Capi­tale – con le sue clien­tele e maz­zette ha pro­dotto reati e cor­ru­zione e deter­mi­nato la com­po­si­zione dell’attuale Con­si­glio comunale.

Gli arre­sti degli ammi­ni­stra­tori pub­blici, che prima rico­pri­vano altis­sime cari­che isti­tu­zio­nali, che poi furono costretti alle dimis­sioni e ora sono stati arre­stati, è un colpo mici­diale alla cre­di­bi­lità del governo capi­to­lino. Nean­che la pro­po­si­ti­vità delle 4 deli­bere di ini­zia­tiva popo­lare della coa­li­zione sociale di Deli­be­riamo Roma, che la scorsa estate ha con­se­gnato quasi 35000 mila firme agli Uffici capi­to­lini, ha tro­vato ascolto nella Giunta capitolina.

Anzi, si è lavo­rato nella dire­zione oppo­sta. Sono state messe in ven­dita quote azio­na­rie di tante società par­te­ci­pate, com­presa Acea Ato2 e Acea hol­ding, nono­stante quel refe­ren­dum scan­da­lo­sa­mente inat­teso. Si è offesa la scuola pub­blica e il lavoro fem­mi­nile, quello della cura e dei ser­vizi per bam­bini e bam­bine. Si sono messi in ven­dita cen­ti­naia di immo­bili per dare qual­che effi­mera boc­cata d’ossigeno a casse comu­nali afflitte da un male incu­ra­bile e insa­na­bile: il debito. Si è perso il legame con la città, con i suoi umori, con le sue puzze e i suoi profumi.

Se non vogliamo far cre­scere ancora l’astensionismo che ammorba il paese, biso­gna dare un segnale di cam­bia­mento reale, non rispon­dere in modo auti­stico “va tutto bene, va tutto bene”. Certo non tutto il mal­tempo ha ori­gine nella coa­li­zione che oggi guida Roma, ma dall’adesione più gene­rale del cen­tro­si­ni­stra a un modello di svi­luppo e di civiltà fon­dato sulla com­pe­ti­zione, sulla pre­ca­riz­za­zione delle vite e sullo sfrut­ta­mento ambien­tale, che sta pro­du­cendo impo­ve­ri­mento dif­fuso e un peg­gio­ra­mento sostan­ziale delle con­di­zioni mate­riali di vita. Sotto i tiri incro­ciati del taglio dei tra­sfe­ri­menti sta­tali, del piano di rien­tro dal debito e del patto di sta­bi­lità interno, cede eco­no­mi­ca­mente il ceto medio, i pen­sio­nati sof­frono e sva­ni­scono le aspi­ra­zioni a un futuro delle nuove gene­ra­zioni. Men­tre aumen­tano le per­sone in fila in cerca di un pasto caldo e un riparo notturno.

In que­sti due anni la sini­stra ha perso molte bat­ta­glie in città, den­tro e fuori i palazzi del potere. Sini­stra Eco­lo­gia Libertà ha perso la sua sfida din­nanzi all’ombra divo­rante del Pd; ai movi­menti si è accor­ciato lo sguardo; spazi di eccel­lenza arti­stica come il Tea­tro Valle sono stati chiusi; isole recu­pe­rate come l’allegro SCUP giac­ciono semi­di­strutti; alcune realtà sono state basto­nate diret­ta­mente a colpi di tri­bu­nale, come l’Angelo Mai; altre sono costretti a inven­tarne una più del dia­volo, come il Cinema Ame­rica. E, ancora, tanti sono gli sgom­beri delle case occu­pate e dei campi senza che fosse offerta un’alternativa: l’ingiustizia più feroce per la povera gente.

Una scon­fitta, insomma: dove si sono persi beni comuni e ser­vizi, pri­va­tiz­zati, sven­duti ed ester­na­liz­zati. Se cer­chi negli stati d’animo di tanti romani e romane non trovi più amore, ma dif­fi­denza e odio verso la città.

Mafia Capi­tale, sve­lando una trama cor­rut­tiva dif­fusa, ha rico­perto il cielo azzurro degli anti­chi Fori con una cappa pesante e fitta. Ma, al con­tempo, il suo disve­la­mento potrebbe essere un’occasione per la sti­pula di un nuovo patto tra ammi­ni­stra­zione e comu­nità, se aves­simo il corag­gio di osare un modello avan­zato di gestione par­te­ci­pata dei beni comuni, fon­dato sull’internalizzazione dei ser­vizi. Que­sto auspica chi, in modo per­for­ma­tivo, il pome­rig­gio dell’11 giu­gno andrà in Piazza del Cam­pi­do­glio per votare la sosti­tu­zione dell’attuale Con­si­glio comu­nale con un Con­si­glio popo­lare anti­ma­fia. Final­mente saremo liberi di ascol­tare le istante e appro­vare le deli­bere che la Giunta non vuole rece­pire. Così cer­che­remo di spaz­zare via un po’ di quel vento e per­fino le sta­tue dei Dio­scuri e la Torre della Pata­rina saranno ancora più belle e luminose.

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