O1- Ott.- 2014 Gli squilibri del sistema penale Italiano, resi sempre più evidenti dalla crisi economica drammatica che scuote il paese e dai guasti irreparabili che ne conseguono in tema di tutela dei diritti fondamentali della persona, destano forte preoccupazione.
Dopo avere assistito negli ultimi anni allo stravolgimento del valore fondante della uguaglianza di fronte alla Legge attraverso l’introduzione di norme mirate per salvaguardare interessi e poteri forti, siamo stati costretti a fare i conti con un inasprimento delle regole che attengono al difficile rapporto tra il principio di Legalità e quello di Libertà, intesa soprattutto come diritto di organizzazione ed espressione concreta della critica agli attuali assetti di potere.
Al processo penale ed al complesso degli strumenti coercitivi ad esso collegati è stato affidato il compito di risolvere l’insorgenza del conflitto sociale e di chi ne interpreta soggettivamente i possibili sviluppi, negando al contempo la possibilità di rappresentanza degli interessi alla trasformazione dello stato di cose presenti.
Così l’applicazione di misure cautelari restrittive ha rappresentato lo strumento per colpire singole personalità legale ai movimenti sociali e di base, anticipando con la limitazione della libertà personale l’eventuale applicazione della sanzione penale.
In questi giorno due attivisti dei Centri Sociali romani, Nunzio D’Erme e Marco Bucci, sono stati attinti da una ordinanza cautelare che ha costretto il primo al carcere ed il secondo agli arresti domiciliari.
Questo provvedimento è stato adottato nonostante i due militanti risultino formalmente e sostanzialmente incensurati, per fatti che anche in caso di condanna non comporterebbero la comminazione di una pena superiore alla sospensione condizionale o comunque alla applicazione di benefici ostativi all’ingresso in carcere.
La A.G. procedente ha valutato la sussistenza del pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio sulla scorta del loro inserimento nell’ambito dei movimenti di lotta ed in base alla personalità carismatica di Nunzio D’Erme in grado di istigare alla reiterazione criminosa altri appartenenti al mondo della autoorganizzazione.
Tutto ciò è molto grave, considerato che secondo il nostro Ordinamento Processuale la misura restrittiva può essere applicata solo in relazione a fatti reato particolarmente allarmanti e quando nessuna altra limitazione della libertà sia idonea a tutelare la cosiddetta collettività.
Tra qualche giorno su questa vicenda dovrà pronunciarsi il Tribunale della Libertà di Roma: sarà compito dei Giudici del Riesame, come tutti noi ci auguriamo, di consentire ai due attivisti di riguadagnare la libertà personale e politica.